ESTRAZIONE ED UTILIZZO DELLA PIETRA LECCESE
Cosa rende le varie pietre estratte differenti per colore e porosità? Senza dubbio conta moltissimo la presenza di minerali argillosi all’interno del composto, come la smectite e la clorite, che in base alla percentuale in cui sono più o meno radicati danno origine a variazioni notevoli all’interno di una stessa cava.
La bellezza della pietra leccese risiede nel fatto che consente di essere estratta anche in modo piuttosto agevole, vista la facilità con cui si lascia incidere, grazie alla malleabilità dovuta alle componenti argillose.
L’estrazione sino alla metà del XX secolo avveniva totalmente a mano, sino a mutare completamente negli ultimi sessant’anni, con l’introduzione di moderni macchinari che hanno consentito di accelerare le procedure di estrazione, con un conseguente dimezzamento di costi e tempi.
Un aspetto affascinante di queste cave, sta nel fatto che un tempo venivano scelte soprattutto grazie all’esperienza dei cosiddetti “cavamonti”, anziani estrattori con esperienza che individuavano le aree più idonee e ricche, da cui si partiva con uno sfoltimento o totale eliminazione della vegetazione affiorante. Un tempo queste aree venivano poi vendute a chi possedeva terreni considerati poveri (ossia tutti quei terreni che presentavano molte rocce affioranti, considerate di ostacolo alla coltivazione), in modo da dare loro una fonte di reddito aggiuntiva.
Fatto questo si poteva cominciare con il preparare la cava all’estrazione, eliminando il “cappellaccio”, ossia lo strato superficiale delle masse rocciose, che non veniva utilizzato, con delle cariche di polvere da sparo.
In seguito, l’introduzione delle macchine nell’estrazione ha fatto sì che i piani di scavo siano caratterizzati da livellamenti e incisioni che tagliano la pietra in blocchi, che vengono poi trasportati altrove per essere poi lavorati.
Un dettaglio molto importante per descrivere al meglio il processo che interessa la pietra, è quello che risiede nella sua resistenza e durezza, che crescono con il passare del tempo sino a conferire al materiale un colore piuttosto ambrato una volta indurito.
La pietra leccese e il suo utilizzo continuano, nel tempo, a essere dei baluardi indistruttibili della cultura salentina e della architettura stessa, che si fregia di personaggi come gli architetti Giuseppe Zimbalo e Giuseppe Cino, tra i massimi fautori delle opere barocche presenti sul territorio, risalenti al Seicento.
Una fioritura che avvenne a partire dal 1571, una volta scongiurata totalmente la minaccia delle incursioni turche con la battaglia di Lepanto. La fioritura di opere e monumenti barocchi si diffuse in modo rapido esplodendo nella seconda metà del XVII secolo, favorita dal periodo storico ma anche e soprattutto dalle caratteristiche della pietra locale, la pietra leccese appunto, facilmente malleabile e lavorabile con scalpelli e martelli sino a dare origine a forme e figure splendide.
Un propagarsi che coinvolse inizialmente anche per volere delle autorità religiose, strutture, edifici e monumenti sacri della città, sino però a propagarsi con grandissimi risultati anche nelle corti delle abitazioni private, nei fregi e negli stemmi esagerati dei balconi. Il risultato è quello che si può ammirare ancora oggi a Lecce, ma anche in tanti altri centri della penisola salentina.