LA PIETRA LECCESE E I MAESTRI SCALPELLINI
In Salento, terra non solo famosa per il mare, ha particolare risalto la pietra che è uno dei materiali maggiormente utilizzati nell’edilizia sin da tempi antichissimi. Ma non si tratta di una semplice pietra, bensì della cosiddetta Pietra Leccese (Leccisu per i salentini), una pietra calcarea molto duttile e con peculiarità eccezionali: all’estrazione è piuttosto morbida e semplice da lavorare, col passare del tempo, esposta all’aria, si indurisce favorendo così la durata nel tempo. L’estrazione della pietra leccese in Salento, è uno dei mestieri più antichi, conosciuto come “Cavamunti” o “Cavapietre” che armati di picchi e mazze, provvedevano a recuperare le pietre utili per la costruzione di case, chiese e monumenti. Le “tajàte”, cioè le cave, presenti su territorio salentino sono la testimonianza evidente della presenza di questo mestiere sin da tempi antichissimi. Un mestiere svolto con le sole forze delle mani e delle braccia degli uomini senza l’ausilio di macchine o di attrezzi simili a quelli odierni. L’estrazione prima e la lavorazione poi, sono diventati nel corso degli anni oltre che mestiere, una vera e propria arte. Il “Cavapietre” si preoccupava di estrarre la pietra (in particolare era specializzato nell’estrazione della pietra leccese) e accanto a lui, un’altra figura provvedeva a sagomarla a dovere, a piena regola d’arte. Questa figura o mestiere, o meglio ancora maestro era lo Scalpellino. Gli Scalpellini lavoravano esclusivamente la pietra leccese; sceglievano blocchi molto compatti, senza vene e senza fossili, di dimensioni adeguate ai manufatti da produrre, che erano pietre ornamentali per edifici (balconi, stipiti, cariatidi, balaustre, stemmi nobiliari, elementi generici di abbellimento), oggetti di uso comune (pestatoi) e di ornamento (statue, vasi). I ferri del mestiere erano: lu scarpieddhu (scalpello) naturalmente, di varie misure; martelletti metallici e mazzuole di legno, sega, lima ed accetta, squadra metallica e seghetti per la pietra. Grazie alla sua maestrìa e alla perfetta conoscenza del materiale che utilizzava, lo scalpellino sapeva che per proteggere la pietra leccese, bisognava intingerla nel latte. Infatti, il lattosio penetrava nella pietra e la preservava dagli agenti atmosferici. Questo ha fatto sì che nel corso degli anni le meravigliose creazioni monumentali restassero inalterate. È grazie alla maestrìa e alla saggezza dei maestri scalpellini, umili lavoratori, che oggi Lecce è considerata la capitale del Barocco e può vantare di una straordinaria manifattura. Il Barocco leccese è ricco di dettagli, di particolari finemente lavorati, sia grazie alla bravura degli scalpellini, sia grazie alla duttilità della pietra che permetteva a questi ultimi di sbizzarrirsi e di dare libero sfogo alla loro raffinata arte. Ne è esempio la straordinaria facciata della Basilica di Santa Croce, a Lecce. Curiosità: sulla facciata di questa Basilica alcuni degli scalpellini che hanno fatto la storia di questo antichissimo mestiere/arte, hanno voluto lasciare la loro firma scolpendo i loro volti.