LE COPERTURE IN PIETRA LECCESE

La tecnica della copertura praticabile piana nel Salento è legata alla disponibilità in loco della notissima pietra leccese (Pietra di Cursi) affiorante su estesi bacini, in particolare nel territorio del capoluogo leccese e nei territori intorno al centro di Cursi da cui prende il nome in Mineralogia.

E’ una varietà di calcarenite con caratteristiche molto singolari, tra cui le ottime capacità di resistenza e di lavorabilità a scalpello. E’ facilmente riducibile in lastre di ridotto spessore con l’impiego di sega a denti di tipo tradizionale. E’ impermeabile, e nei secoli è stata utilizzata per realizzare vasche (per olio e acqua), pilette, mangiatoie, canali di scolo, ecc..

Nel tempo, se non trattata coi moderni prodotti consolidanti o estetici, la superficie esposta si riveste di una serie di colonie di licheni che le conferiscono il caratteristico colore grigiastro. Anche la presenza di impurità (in particolare ossidi) può comportare la variazione nel tempo della colorazione, uniforme o a macchia, della patinatura superficiale (colorazioni, brune, verdastre o rugginose).

Dal punto di vista pratico, ai fini della posa in copertura, le problematiche maggiori sono legate alla presenza di debolezze della matrice che possono provocare scollamenti o fratture, sia per urto che per i fenomeni di gelività.

La pietra leccese viene estratta in cave a cielo aperto in conci nel formato tradizionale di 25x35x50 cm, che ormai rappresentano lo standard di produzione della pietra leccese. I formati differenti, generalmente elementi monolitici di maggiore dimensione, per ante, colonne, mensole, ecc. sono in genere cavati solo su ordinazione. Il banco calcarenitco può presentare differenti impasti e consistenze, specie nella direzione della profondità, tuttavia la pietra maggiormente impiegata è quella sotto i primi strati in genere poco resistenti (pirumafi).

Il concio estratto può avere un periodo di esposizione all’aria che favorisce il consolidamento della pietra. I cicli di produzione attuali, molto rapidi, prevedono l’utilizzo immediato dei conci estratti con alcune possibili problematiche negative.

Il concio è segato su un bancale semiautomatico con più lame parallele oscillanti sul lato dei 25 cm e secondo lo spessore desiderato si ottengono mediamente cinque o sei lastre del formato 50×35 cm. La lastra, che conserva i caratteristici segni del taglio paralleli, viene indicata col termine comune nel territorio di chianca, da cui discendono una serie di termini tra cui “chiancatu” come sinonimo di pavimento lastricato con lastre di pietra leccese.

Nei vecchi edifici è facile ritrovare formati un po’ più grandi del corrente 50x35cm e spessori molto variabili che derivano dall’affettamento a mano di conci estratti anch’essi a mano.

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