PIETRA LECCESE lavorazione
Le tecniche di rivestimento delle coperture solari con lastre di pietra leccese è relativamente recente e viene introdotta nell'edilizia salentina con la disponibilità di leganti idraulici idonei alla sigillatura dei giunti (chiamenti) che la tecnica richiede.
L'introduzione del cemento moderno, derivato dai numerosi brevetti, è da attestarsi nel territorio salentino intorno ai primi anni del 1900. L'uso sempre più frequente del legante cementizio, dapprima limitato a piccoli interventi essenziali e poi sempre più impiegato in ogni settore della costruzione e produzione di manufatti, comporta una continua rivoluzione dei processi edilizi. Le vecchie pavimentazioni interne di lastre di pietra leccese, per esempio, vengono sostituite da battuti di cemento e graniglie (seminati), mentre le antiche coperture in cocciopesto (triula) vengono sostituite da lastre di pietra giuntate con la nuova malta cementizia.
I moduli architettonici non vengono stravolti, per cui alle pavimentazioni solari realizzate con un massetto di cocciopesto (lastricu) che avvolge gli estradossi delle tradizionali volte in pietra leccese, si sostituisce uno strato di lastre rigide ben sigillate, con la sola complicazione di dover utilizzare piccoli elementi rigidi per avvolgere forme strutturali di fatto emisferiche.
La tecnica della copertura a lastre si è conservata anche nella evoluzione delle coperture da volta in muratura a solai piani con una evidente semplificazione della tecnica di posa non essendo necessario affrontare il rivestimento dei cozzi sferici.
Qualunque sia la copertura da impermeabilizzare (piana o a volta) è sempre richiesto un sottofondo immediatamente sotto la lastra di tufina o sabbia fine (asciutta), necessaria per allettare a secco, una ad una, la chianca di pietra leccese. La lastra, infatti, non è assolutamente incollata, ma poggiata su cinque - sei centimetri di tufo che il posatore spande e livella il più uniformemente possibile con i soli polpastrelli. Nei punti più a monte, dove lo strato di tufina va a superare il massimo richiesto, per evitare fenomeni di eccesivo cedimento del letto tufaceo, si procede allo spandimento di sassolini di tufo (nuzzolame) provenietni dalle cerniture, o argilla sciolta o altro materiale incomprimibile. Nelle ristrutturazioni, una volta divelta la chianca di pietra di cursi ( o leccese), è facile notare un consolidamento (stabilizzazione calcitica) del tufo calcareo impiegato. Questa condizione, se sembra un buon segno dal punto di vista strutturale, in realtà denota la permanenza accidentale di acqua al di sotto della protezione lapidea che ha favorito il fenomeno della stabilizzazione.
L'introduzione del cemento moderno, derivato dai numerosi brevetti, è da attestarsi nel territorio salentino intorno ai primi anni del 1900. L'uso sempre più frequente del legante cementizio, dapprima limitato a piccoli interventi essenziali e poi sempre più impiegato in ogni settore della costruzione e produzione di manufatti, comporta una continua rivoluzione dei processi edilizi. Le vecchie pavimentazioni interne di lastre di pietra leccese, per esempio, vengono sostituite da battuti di cemento e graniglie (seminati), mentre le antiche coperture in cocciopesto (triula) vengono sostituite da lastre di pietra giuntate con la nuova malta cementizia.
I moduli architettonici non vengono stravolti, per cui alle pavimentazioni solari realizzate con un massetto di cocciopesto (lastricu) che avvolge gli estradossi delle tradizionali volte in pietra leccese, si sostituisce uno strato di lastre rigide ben sigillate, con la sola complicazione di dover utilizzare piccoli elementi rigidi per avvolgere forme strutturali di fatto emisferiche.
La tecnica della copertura a lastre si è conservata anche nella evoluzione delle coperture da volta in muratura a solai piani con una evidente semplificazione della tecnica di posa non essendo necessario affrontare il rivestimento dei cozzi sferici.
Qualunque sia la copertura da impermeabilizzare (piana o a volta) è sempre richiesto un sottofondo immediatamente sotto la lastra di tufina o sabbia fine (asciutta), necessaria per allettare a secco, una ad una, la chianca di pietra leccese. La lastra, infatti, non è assolutamente incollata, ma poggiata su cinque - sei centimetri di tufo che il posatore spande e livella il più uniformemente possibile con i soli polpastrelli. Nei punti più a monte, dove lo strato di tufina va a superare il massimo richiesto, per evitare fenomeni di eccesivo cedimento del letto tufaceo, si procede allo spandimento di sassolini di tufo (nuzzolame) provenietni dalle cerniture, o argilla sciolta o altro materiale incomprimibile. Nelle ristrutturazioni, una volta divelta la chianca di pietra di cursi ( o leccese), è facile notare un consolidamento (stabilizzazione calcitica) del tufo calcareo impiegato. Questa condizione, se sembra un buon segno dal punto di vista strutturale, in realtà denota la permanenza accidentale di acqua al di sotto della protezione lapidea che ha favorito il fenomeno della stabilizzazione.