STORIA DELLE MASSERIE IN PIETRA LECCESE
La masseria, dal latino massa, ossia “insieme di fondi”, è un insediamento edilizio rurale tipico del XVI – XVII secolo, che ha rappresentato per lungo tempo il tipo di azienda (a carattere agricolo-pastorale) più diffuso in Puglia, diventando a pieno titolo espressione della cultura contadina locale.
Tra le principali definizioni delle masserie, troviamo quella di cellule autarchiche del sistema produttivo pugliese.
Al di là dell’aspetto agricolo, il fenomeno masserizio è legato, senza ombra di dubbio, ad una funzione difensiva: dopo il 1480, in seguito al feroce assedio d’Otranto da parte dei Turchi, che seminarono terrore e morte, re Carlo V decise di rafforzare la costa adriatica e ionica attraverso una cintura di torri di avvistamento e difesa, imponendo il rafforzamento dei castelli e dei torrioni già esistenti, ovvero delle strutture militari edificate in precedenza dagli Angioini.
Successivamente, fu il viceré Parafan De Ribera a ordinare la costruzione ex novo di torri marittime, a partire dal 1563, contro le invasioni e gli sbarchi armati. Il tutto rientrava in un piano più ampio di difesa dell’intero Sud della penisola italiana.
Le torri costruite interamente in pietra leccese, costituiscono l’embrione di quasi tutte le masserie del Salento, ovvero il nucleo originario voluto da un’unica direzione organizzatrice, attorno al quale si sono gradualmente aggiunti gli addendi tipici delle masserie”. Da qui il concetto di “masseria fortificata”, una struttura costruita in piena campagna e isolata dai centri urbani, con l’intenzione di tutelare l’incolumità dei suoi abitanti, e pertanto sempre protetta da una massiccia recinzione… il luogo ideale in cui difendersi dai pirati, dai saraceni e dai briganti che imperversarono nel Meridione d’Italia.
Si può dunque affermare con certezza che la nascita di questi complessi rurali è legata al contesto socio-economico del Mezzogiorno. In ogni caso, le masserie furono realizzate in pietra leccese, tenendo conto di un certo gusto estetico ed architettonico, grazie alla maestria di artigiani e muratori che lavoravano la pietra di cursi, il carparo o il tufo. Al tempo stesso, si tratta di insediamenti costruiti in un’ottica di funzionalità, per rendere meno dura la vita tra i campi e quindi per alleggerire la fatica dei coloni, offrire soluzioni pratiche e garantire la massima fruibilità degli ambienti, in un perfetto equilibrio tra uomo e natura, tra il manufatto e il territorio.